Descrizione Progetto

Il giorno 11 Settembre si è svolta la gita, in due giorni, al Corno di Cavento (3406m).

Ci troviamo al solito posto alle ore 6.30 in 13 partecipanti, 11 maschi e 2 ragazze, da dove si parte alla volta di Pinzolo. Giunti al paese di Carisolo (TN) si segue la strada carrozzabile della Val Genova sino a Malga Bedole dove si parcheggia.

Dal parcheggio risaliamo fino al Rifugio Bedole (1641m) e da li’ si imbocca la stradina sterrata che porta verso la teleferica del Rif. Mandrone dove ha inizio il segnavia 241 del Matarot.

In breve giungiamo all’incantevole Malga Matarot Bassa da dove si individua la linea di salita a fianco delle imponenti e fragorose Cascate del Matarot. Proseguiamo la salita sul sentiero, che diventa sempre più ostico. Il nostro passo è impegnato dalle grandi e levigate pietre che impongono attenzione nell’appoggio dei piedi. Dopo il tratto nella vegetazione sbuchiamo sui ghiaioni alla base della fascia rocciosa posta a destra delle cascate e su cui si inerpica il segnavia 241.

Risaliti a fatica i ghiaioni giungiamo all’inizio della parte attrezzata del percorso. Si risale seguendo i frequenti bolli bianco-rossi seguendo i cavi d’acciaio di questo tratto, ottimamente segnato ed attrezzato. Una volta risalita la parte attrezzata si continua a seguire i bolli biancorossi e gli ometti per poi scendere una quarantina di metri a toccare il ghiacciaio che dopo averlo percorso per un centinaio di metri risaliamo su sentiero fino a giungere al Passo della Lobbia Alta (3015m) e di là al Rifugio Caduti dell’Adamello (3040m) in circa 4 ore per i primi, circa 7 ore per gli ultimi.

Il giorno successivo si parte in nove alle ore 6.30 per la salita alla cima prefissata, si risale sino al Passo della Lobbia Alta (3015m) ci si abbassa fino a poggiare i piedi sulla Vedretta sottostante. Senza abbassarsi attraversiamo a dx (direzione Sud) puntando ad una emergente dorsale rocciosa che, digradando, si abbassa sulla Vedretta della Lobbia. La seguiamo in discesa a sx per massi morenici e sfasciumi fino a raggiungere la sottostante vedretta ma senza perdere eccessivamente quota. Indossatii ramponi attraversiamo ora lungamente la vedretta in direzione Sud-Ovest puntando al Passo di Cavento facendo attenzione a superare alcune, talvolta infide, crepacciate. Puntiamo alla dorsale rocciosa posta sulla sx (faccia a monte) e che digrada direttamente dal passo dove spicca visibile il giallo Bivacco Laeng.

Il tratto che porta al passo è parzialmente attrezzato con spezzoni e chiodi. Tolti i ramponi e facendo attenzione a non smuovere pietre si risale velocemente al passo, caratterizzato dal piccolo Bivacco (3191m).

Il tratto successivo è quello potenzialmente più problematico vista la friabilità  del terreno. E pensare che fino a non più di dieci anni fa lo si percorreva senza particolari accorgimenti!

Giunti al passo ci si abbassa utilizzando una corda statica che consente di scendere una ripida rampa di ghiaia, terra e pietre particolarmente instabili; si giunge ad un tratto, più verticale, servito da cavo di acciaio e nell’ultimo tratto prima della vedretta da scalini in ferro.

Dalla base del passo di Cavento si prosegue a dx (Sud) in traverso in lieve ascesa lungo la vedretta di Lares. In questo modo si passa sotto il versante Est del Cavento e si oltrepassa la sua dorsale Est, caratterizzata da sfasciumi e rocce molto instabili.

Aggirata la dorsale (ora visibile nettamente il versante Nord del Carè Alto) e, girando a dx (Ovest) si punta alla base della soprastante cresta Sud del Cavento. Si sale per la vedretta puntando alle dorsale che si attacca in prossimità  di un ometto.

Da qui tolti i ramponi saliamo per la facile dorsale rimontando pietroni e sfasciumi sino a giungere all’entrata della galleria di guerra Austro-Ungarica (3.5 ore) della prima guerra mondiale dove ci attendono dei volontari della SAT con cui entreremo nella stessa per poterla visitare per capire che condizioni dovevano soppotare i soldati che erano costretti a viverci. Dopo la visita saliamo in vetta (3406) dove, avvolti dalle nuvole, facciamo la rituale foto di gruppo. La discesa dalla vetta si svolge sullo stesso percorso della salita sino a giungere al rifugio dove abbiamo passato la notte. Dopo aver consumato uno spuntino e sistemato lo zaino, viste le pessime condizioni meteo, decidiamo di scendere dal percorso più lungo ma sicuro dalla vedretta del Mandrone. Giunti all’ononimo rifugio facciamo una pausa in attesa che si esaurisca il temporale. Dopo una trentina di minuti si riparte per raggiungere le auto dove arriveremo in circa 2 ore e 30. Bellissima gita in ambiente alpino abbastanza impegnativa per la durata senza particolari difficoltà alpinistiche.
Complimenti a tutti.

Oliviero Tedoldi